L'editoriale
di Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti Pisa
È stato un marzo caldo, troppo. In Toscana, con 3,6° in più di media, l’innalzamento della temperatura ha fatto il paio con la quasi totale assenza di pioggia. Nel Lazio sono state raccolte le prime fave con quasi un mese di anticipo, in Puglia i piselli sono già pronti da qualche settimana, mentre a Roma sui mercati di Campagna Amica sono già comparse le zucchine.
I cambiamenti climatici sono di fronte a noi ed è ormai impossibile ignorarli: il 2017, secondo l’annuario Ispra è stato il secondo anno tra i più secchi dal 1961, e il National Climatic Data Centre evidenzia che dal 1880, il record della temperatura invernale più elevata è del 2016. Sono dati che vanno letti insieme ad un altro elemento determinante, cioè il consumo di suolo. In Italia negli ultimi 25 anni si è perso oltre un quarto della terra coltivata, pari al 28%, e la superficie agricola utilizzabile si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari.
La cementificazione e l’abbandono dei territori, insieme a un modello di sviluppo insostenibile, sono i principali alleati dei cambiamenti climatici e delle loro disastrose conseguenze. Da tempo sosteniamo che aumentare la disponibilità di terra coltivata significa maggiore sicurezza ambientale e riduzione del rischio idrogeologico, oltre che produzione di qualità. È un cambio di rotta necessario per interrompere il circuito negativo in cui siamo sommersi: l’agricoltura infatti è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le ripercussioni di questo fenomeno. Le aziende agricole sanno che devono misurarsi con un ambiente diverso e devono imparare a interpretare le novità segnalate dalla meteorologia, come gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio. Per queste ragioni i giovani della Coldiretti hanno partecipato la scorsa settimana a #Fridaysforfuture, la mobilitazione globale che nasce con le proteste della giovane attivista svedese Greta Thunberg per chiedere alla politica misure concrete contro i cambiamenti climatici.
A livello nazionale continueremo a chiedere al Governo e al Parlamento di tornare a discutere le proposte di legge sul consumo di suolo, attualmente ferme. A livello locale restiamo a fianco delle aziende e dei piccoli comuni , che in questo senso hanno un ruolo decisivo. L’agricoltura e i Comuni infatti possono e devono creare nuove alleanze, in quanto presidi del territorio. Ci sono già delle possibili soluzioni operative, come quelle previste dal “Fondo per lo sviluppo strutturale economico e sociale dei piccoli comuni” e le forme di aggregazione consentite dalla Legge n.158/2017 per accrescere la sostenibilità ambientale e il consumo e la commercializzazione dei prodotti agricoli provenienti dalla filiera corta.
Si tratta di cogliere queste opportunità e svilupparle con urgenza: la generazione di domani non ci concede più tempo.